Giovanni e la guerra

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Storie vere mai raccontate perchè sanno di irrealtà

Si chiamava Giovanni, era un contadino marchigiano di Fermo e fece la prima guerra mondiale. Quando partì per il fronte, sul treno c’era un grande entusiasmo. I giovani soldati, quasi tutti di estrazione contadina, erano stati convinti che la guerra giusta che stavano per fare avrebbe presto portato a tutti un grande progresso economico. Poi diversi di loro furono fucilati perché, delusi dalla propaganda di una facile vittoria, provarono a ribellarsi. Il re Vittorio Emanuele III era presente nelle zone di battaglia. Più volte Giovanni lo vide incitare i soldati al combattimento. Ma nell’ultimo periodo del conflitto pochi erano quelli che credevano ancora ai vantaggi della guerra.
Si dice che l’angelo della morte vive accampato fra i fronti nemici. Esso in più episodi provò a prendersi l’anima del contadino marchigiano, ma non ci riuscì.
Un pomeriggio Giovanni si trovava in trincea e si era diffusa la voce che la sua compagnia di Fanteria avrebbe fatto l’assalto. Negli assalti i soldati avevano l’ordine di non fare prigionieri: i nemici che si arrendevano venivano uccisi con la lama della baionetta per risparmiare la polvere da sparo. Quel pomeriggio Giovanni e gli altri ragazzi iniziarono a provare terrore. I più pii facevano le preghiere della buona morte, mentre chi sapeva scrivere cercava un pezzo di carta per avere un contatto con la famiglia. Per loro fortuna l’assalto di quel pomeriggio fu rimandato. Il giorno dopo la compagnia di Fanteria fu sostituita da un’altra di Bersaglieri. Al grido “Avanti Savoia!”, i bersaglieri andarono all’attacco. Fu una carneficina di giovani combattenti nella quale non si salvò nemmeno un soldato. Fu la prima volta che Giovanni fu sfiorato dall’angelo della morte.
Passò pochi giorni e quell’ombra cupa tornò a sfiorarlo di nuovo. Ma un altro angelo, quello della vita, lo assisteva.
Giovanni era basso di statura. Gli avevano assegnato pantaloni più lunghi della sua misura e ciò gli creava un grande fastidio nei movimenti, aumentandogli il disagio di una situazione già gravissima di suo. Venne il giorno in cui fu mandato all’assalto. Durante la carica, correndo sotto il fuoco nemico, inciampò su quei pantaloni troppo lunghi e cadde a terra rotolando fra i sassi fino a trovare riparo dietro ad una pietra. Su centosessanta soldati mandati all’attacco, solo lui e altri tre riportarono salva la pelle. I sopravvissuti furono aggregati ad un’altra compagnia e rimandati in trincea.
Un giorno il nemico si trovava a pochi metri dalla linea di combattimento. Sul fronte italiano le munizioni erano quasi terminate e i capi giudicarono sconveniente fare un attacco. Giovanni era uno dei pochi soldati che in quella trincea aveva ancora dei proiettili. Gli giunse l’ordine di sparare verso il nemico. L’idea di uccidere un giovane come lui lo spaventava. Eseguì l’ordine sparando in aria. Un superiore, vista la scena, lo riempì di insulti e gli intimò di sparare di nuovo. Anche il secondo colpo Giovanni lo mandò in aria. Il superiore si accanì, lo picchiò, lo insultò e in modo arrogante gli tolse il fucile dalla mano urlandogli: “Guarda e impara, coglione!”. Poi con la baionetta in mano si alzò per prendere la mira, ma proprio in quel momento si sentì arrivare una pallottola nemica che si andò a conficcare sulla fronte di quel poveruomo. Egli cadde a terra senza vita sotto gli occhi pietrificati di Giovanni. Il quale, in silenzio per qualche minuto, rimase a guardare il morto; sino a quando un altro soldato gli gridò: “Prendigli gli stivali, i tuoi sono sfondati e fanno pena!”. Giovanni indossati gli stivali del defunto iniziò a provare un po’ di sollievo: l’angelo della morte se n’era nuovamente andato senza colpirlo.
Qualche mese dopo ci fu l’armistizio e il contadino poté tornare a fare il suo mestiere. Rientrò a casa da sua moglie e dal suo bambino piccolo, passò un lungo lasso di tempo in pace.
Ma nel 1940 scoppiò la seconda guerra mondiale e vide suo figlio ormai uomo e padre di tre bambini partire per combattere. La responsabilità della casa di campagna, della terra da coltivare e della famiglia ricadde, per più di cinque anni, tutta su di lui che si sentiva già anziano.
Nel 1943 ci fu l’arresto di Mussolini e la fuga del re; Hitler mandò le sue forze armate a invadere l’Italia.
In quel periodo un soldato tedesco si presentò presso la famiglia di Giovanni. Egli non si trovava in casa perché era solito, tutti i giorni, da quando era tornato dalla guerra, recarsi alla messa del mattino.
Suo nipote, che era un ragazzino, riferì che un soldato straniero si era presentato sull’aia urlando parole incomprensibili. Il vecchio capì e si fece portare dal fanciullo i tre prosciutti che tenevano in cantina. Uno lo portò sul tavolo vicino al camino e gli altri due li andò a nascondere in soffitta fra le tegole.
Alle tre del pomeriggio arrivò una squadra di tedeschi che usò la grande casa di campagna e il pagliaio per nascondere i mezzi da guerra dagli aerei bombardieri inglesi. Poi i soldati entrarono in casa. Vedendo il prosciutto sul tavolo ordinarono che venisse loro servito. Giovanni sapendo il rischio che la sua famiglia stava correndo fece portare dalla nuora anche del pane e del vino e disse alla moglie di affettare il prosciutto abbondantemente.
Sua nuora teneva in braccio un bimbo di sei mesi e un soldato tedesco non gli staccava mai gli occhi di dosso. Per un po’ Giovanni pensò al peggio fino a quando vide quel soldato, con la mano davanti alla faccia, piangere a dirotto su un angolo della casa. Il vecchio contadino pensò fra sé: “Questi sono gli scherzi della guerra”. Probabilmente quell’uomo stava pensando a sua moglie e al suo bambino che aveva lasciato in Germania fra i pericoli di un conflitto mondiale.
Alle diciotto i soldati senza prendere altro se ne andarono.
Giovanni con loro sentì andarsene definitivamente dalla sua vita l’angelo della morte e della guerra che da troppo tempo lo seguiva. •

Mirco Fiaschi

4 commenti

  1. CHE FOSSERO ENTUSIASTI DI ANDARE IN GUERRA NON CREDO PROPRIO, E’ UNA ASSURDITA’ PENSARE CHE UNO RISCHIAVA LA MORTE ED ERA ENTUSIASTO DI FARLO…, DOVREBBE SCRIVERE COSE PIU’ REALISTICHE…..

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