La vocazione da mia madre

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Fermo, seminario: don Manlio Marcelli compie 90 anni

Compie 90 anni don Manlio Marcelli. Quasi un secolo di vita. Schivo, di carnagione chiara, poche sono le rughe che gli solcano la fronte e le gote. Il capo spesso coperto da un cappello di lana nero, gli occhi brillanti e la bocca pronta sempre al sorriso. Vestito in giacca e camicia con sandali ai piedi e calzini bianchi, si sorregge su un bastone per rendere più sicuro il suo passo. È così che si incontra don Manlio nella sua attuale residenza nella Casa del Clero del Seminario di Fermo dove ci abita dal 2000.
È nato a S. Angelo in Pontano il 21 marzo 1927, da Anita ed Ersilio. Fu ordinato sacerdote da Mons. Norberto Perini il 29 giugno 1952. Furono ordinati in quattro quell’anno: Panicciari don Angelo, Ramini don Lino, Straffi don Mario e don Manlio. Solo don Manlio resiste ancora. I nove decenni cominciano però a pesare. Infatti l’udito comincia a far difetto e spesso, con la mano dietro un orecchio, don Manlio chiede di ripetere quanto si è detto.
Una volta, in cattedrale, a celebrazione iniziata, si avvicinò ad un altoparlante, ma non avendo acceso il suo apparecchio acustico, non sentì niente. Tornò al posto facendo un gesto di diniego con la testa e confidando al vicino: “Non hanno ancora cominciato.”
Curioso, si interessa a tutto, don Manlio. Vuole ascoltare, capire, leggere, istruirsi. In camera ha sempre aperto sul tavolo il quotidiano Avvenire. È un abbonato fedelissimo. Spesso ritaglia gli articoli più importanti e li evidenzia. È toccante la sua testimonianza di preghiera. Celebra le lodi insieme ai confratelli alle ore 9 del mattino e l’eucaristia alle ore 18,30, cui segue la preghiera del Vespro.
Il giovedì e la domenica pomeriggio è presente all’adorazione che spesso guida. Lo si trova di frequente assorto in preghiera, da solo, accanto alla prima finestra della cappella. E dato che anche la vista comincia a fare qualche scherzo annoda le tende per avere più luce.
Don Manlio è stato un parroco infaticabile. Dopo la sua ordinazione, ha prestato servizio a Servigliano, poi a Lapedona, quindi a Civitanova Alta con don Lino Ramini, quindi a Montegranaro, a Carassai e a S. Alessandro in Fermo. È stato assistente diocesano del Movimento apostolico ciechi (Mac) e assistente della sezione fermana della Legio Mariae. Adesso vive l’età del meritato riposo come ospite della Casa del Clero, dove è ben inserito nella vita comunitaria.
Alla domanda che cosa è la vecchiaia? Don Manlio ha risposto con le parole di Giovanni Paolo II.
È l’autunno della vita. C’è una stretta somiglianza tra i ritmi dell’uomo e i cicli della natura. L’uomo, però, si distingue da ogni altra realtà che lo circonda, perché è persona. Plasmato ad immagine e somiglianza di Dio, egli è soggetto consapevole e responsabile. Anche nella sua dimensione spirituale, tuttavia, egli vive il succedersi di fasi diverse, tutte ugualmente fuggevoli. Sant’Efrem il Siro amava paragonare la vita alle dita di una mano, sia per mettere in evidenza che la sua lunghezza non va oltre quella di una spanna, sia per indicare che, al pari di ciascun dito, ogni fase della vita ha la sua caratteristica, e “le dita rappresentano i cinque gradini su cui l’uomo avanza”. Se, pertanto, l’infanzia e la giovinezza sono il periodo in cui l’essere umano è in formazione, vive proiettato verso il futuro, e, prendendo consapevolezza delle proprie potenzialità, imbastisce progetti per l’età adulta, la vecchiaia non manca dei suoi beni, perché – come osserva san Girolamo – attenuando l’impeto delle passioni, essa “accresce la sapienza, dà più maturi consigli”. In un certo senso, è l’epoca privilegiata di quella saggezza che in genere è frutto dell’esperienza, perché “il tempo è un grande maestro”.
Gli abbiamo chiesto: come è nata la tua vocazione?
Dall’allora parroco di Sant’Angelo in Pontano: lo stimatissimo don Raniero Potentini che promuoveva già in quel tempo tutte le possibili attività formative. Ma soprattutto – lo ha ripetuto più volte don Manlio – la mia vocazione è nata in famiglia dall’esempio di sua madre Anita.
Gli anni del seminario sono stati duri. Sotto la guerra hanno dovuto chiudere il Seminario e tornare a casa. Poi don Manlio ha perso un altro anno per motivi di salute. Riusciva bene nello studio. Era bravo. Ricorda gli anni dello studio con commozione e stupore. Ricorda il rettore, mons. Giuseppe Potentini, e il sant’uomo di mons. Marcello Manfroni, padre spirituale. Deve molto ad entrambi. Il rettore era di una amabilità e di una affabilità inenarrabili.
Per quanto riguarda i professori, il miglior professore che ha avuto è stato il professor Luigi Marconi, di intelligenza vivissima e di grande personalità. Ma anche il professore di italiano e latino, don Dino Mancini e il professore di Matematica, don Ennio Carboni. Ricorda con piacere e con nostalgia: don Mario Scoponi, mons. Ludovico Cassiani, Marcello Seta. Ha confessato anche che la materia che preferiva era la dommatica.
Qualche anno fa si è dato allo studio della Mariologia. Ha anche pubblicato un libricino per ricordare e ravvivare la preghiera del Rosario.
Buon compleanno. •

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